martedì 4 agosto 2015

Consigli libreschi per l'agosto duemilaquindici.

Miriam Toews, I miei piccoli dispiaceri, marcos y marcos

Ernest Hemingway, I quarantanove racconti, Einaudi

Le proposte di lettura per questa caldissima estate 2015 sono davvero tante: basta sfogliare giornali e riviste, navigare un po' su siti e blog o fare un giro in libreria per capire che davvero c'è l'imbarazzo della scelta. E quindi tocca scegliere. Già è complicato scegliere nella vita, ma quando si tratta di libri il tutto diventa ancora più arduo, no?

 Per questo lo ritengo un ottimo allenamento per orientarsi nell'esistenza. Scegliere i libri, pochi e buoni. Questo almeno è il mio criterio e funziona bene. 

Poi a me piace fin da quando ero piccola fare dei percorsi di senso, analogie, bislacche mappe concettuali, riferimenti, costellazioni libresche. Diciamo che è il mio sport preferito. Ed è anche un duro lavoro, ne converrete. Qualche volta, però, le associazioni di idee e storie e concetti saltano fuori per caso, sbocconcellando libri qua e là come fossero pezzetti di cocco sulla spiaggia. Qualche volta, specie in estate quando restano attivi ben pochi neuroni, mi piace allora lasciarmi ispirare dal caso, dal momento. Salvo poi scoprire che il sentiero che tracciano certe storie porta lontano, o indietro nel tempo o nel profondo della vita più di quanto mai potessi aspettarmi.

Quindi ecco la scelta, un po' casuale all'inizio, ma significativa alla fine, che ho fatto per le mie letture estive. Che sono in definitiva anche i miei consigli per voi che leggete questo blog con affetto. 

(A proposito: GRAZIE, perché grazie a voi succedono da queste parti sempre cose belle di cui renderò conto a breve, nell'autunno...).

Dunque: I miei piccoli dispiaceri. E chi non ne ha, a pensarci bene. Questa storia risponde alla domanda: cosa succede quando una persona non ce la fa più e smette di provare gusto per la vita?

La risposta sarebbe interessante già solo se si trattasse di una persona qualunque, come tutti noi. Ma se si tratta di una persona particolarissima come Elf, pianista di fama internazionale, bellissima e ricchissima e adoratissima da tutti compreso il meraviglioso marito Nic?

Bè succede che c'è qualcuno che tenta di tutto per non farglielo fare, intendo per impedirle di suicidarsi. E questo qualcuno nello specifico è la dolce, disarmante, squinternata e svitata Yolandi, detta Yoyo. Che è anche la voce narrante, per di più, scopriamo, in parte autobiografica dell'autrice.

Yolandi (...) tua sorella è una persona rara. Non ho mai conosciuto nessuno come lei. Devi tenerla in vita. Devi fare tutto quello che puoi. Tutto.

Di lei avevo già letto un libro, vi rimando qui per il post. Miriam Toews è una scrittrice canadese molto amata e rispettata in tutto il mondo, vincitrice di premi e acclamata, come si suol dire, da pubblico e critica. Scopritela in questo film che voglio assolutamente prima o poi vedere... 

Con lei io ho personalmente un rapporto controverso. Ovvero mi piace, mi affascina ad esempio l'ambientazione nella setta mennonita di Winnipeg, con tutto ciò che comporta, da un punto di vista narrativo, osservare come le emozioni e le azioni si ritagliano posto all'interno delle strette restrizioni che inevitabilmente si creano in un ambiente chiuso e moralista.

Mi lascia perplessa, però, a volte, invece lo stile di scrittura, molto colorito ed enfatico. Che in alcuni contesti amo molto, mentre in altri mi appesantisce. Mi lascia in balia delle montagne russe emotive, il che non sempre è un piacere. 

Ciò detto, cosa racconta il libro? Racconta un problema etico importante: l'eutanasia. E racconta un problema psicologico grave e sottovalutato: la depressione. Ed esplora le dinamiche di una famiglia sopra le righe, che però parla a tuttti noi. Infine, descrive molto bene il legame che c'è tra due sorelle. Qualcosa che io non capirò mai, essendo figlia unica, ma che mi incuriosisce molto.

Ora: cosa si fa quando si deve salvare una vita? Si prega. Si recita, si ride. Si comprano cose. Si legge. Si googola continuamente. Si abbraccia, si cercano abbracci. Si corre su e giù. Si piange, non si piange più, basta. Si dimagrisce, si mangia a orari assurdi. Si sorride. Si diventa migliori. Si telefona di più, si risponde. Si scrive. Si promette, si spera, si prega, si prega molto. Si sta in silenzio. Si cammina da soli, e poi con qualcuno. Si dorme male, poco, come sassi, di colpo. Si ascolta musica, si spegne la cavolo di musica, si progetta, si diventa molto intelligenti. Si litiga con chi potrebbe aiutarti, si crede in qualsiasi cosa. Si ricorda tutto. Si racconta, si parla ore e ore. Si sta zitti all'improvviso. Ci si trascura. Si è pronti a tutto, tutto. E ci si dispera. E alla fine, ci si arrende. Ci si arrende alla grazia della vita per quella che è e non per quella che vorresti tu che fosse.

Ma cosa c'entra il buon Hemingway in tutto questo? 

Poco o niente salvo che uno dei suoi quarantanove racconti, Le nevi del Kilimangiaro, tratta un po' di questo, ovvero di come si comporta una persona che tenta di tutto per tenere in vita una persona che ama. Tocca quell'emozione lì. Che bisogna un po' trovarcisi per capirla, forse. Ma che in letteratura vince, perché è la storia straordinaria delle incredibili energie che sanno tirare fuori le creature, umane e animali nella lotta alla sopravvivenza. Trovare un tema più affascinante è difficile. Per questo questa estate la voglio passare così: ricordandomi, molto semplicemente, quanto è preziosa la vita, la semplice realtà, e quanto sono utili, e belle le storie da raccontarci intorno. 




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