venerdì 24 aprile 2015

Elena Ferrante.

Elena Ferrante






Quando si dice che le cose che davvero contano nella vita si creano nel silenzio e nel segreto, non si può non pensare alla letteratura, all'arte. 

Il momento in cui nasce un'idea, si forma una storia, è un mistero. Se poi questo mistero si dilata, si prolunga e diventa un modus operandi, ecco che abbiamo qualcosa come Elena Ferrante.

Non la conoscevo, o per lo meno mi faceva lo stesso effetto che fanno ai bambini le storie dei grandi: una cosa strana da cui tenersi alla larga. Ma invece poi è successo che gli amici del Circolo dei Lettori di Torino hanno organizzaro una maratona di lettura dei suoi libri, #lamiaFerrante, condotta dalla brava giornalista de La Stampa, Elena Masuelli, e hanno pensato, tra gli altri di coinvolgere anche me.

Tanto siamo sul mio blog e posso dirlo: ho sempre sognato anche io di vivere come Elena Ferrante: essere una brava scrittrice che sceglie di dedicare tutto il suo tempo ai romanzi, senza apparire in giro. Per via del fatto che, come disse anche di sé il compianto David Foster Wallace in un libro di cui parlerò presto, incontrare le persone è per me un'esperienza molto intensa e mi richiede poi dopo, spesse volte, anche quattro ore di sonno per riprendermi (cit.).

Me la immagino così: bella e contenta, vicina a poche persone amichevoli e amorevoli che la rispettano. Scrivere magari 8 ore al giorno, con pausa pranzo e corsetta al parco. La immagino anche innamorata di un uomo, magari con qualche figlio da incontrare (forse non più da accudire), vedere amici veri, non tutti i giorni, gentili e che le regalano serate e cene di parole ricche e distensive. Poi magari è Domenico Starnone, come dicono in tanti, e via. Ciononostante, il mio sogno rimane.

Ho sempre sognato di essere così, riservata e coraggiosa, e di avere talento. Ma ovviamente non ho mai pensato di potermelo permettere e che bisognasse essere davvero bravi e matti per farlo. 

In effetti, adesso che ho cominciato il suo primo libro, L'amore molesto, capisco da cosa mi tenevo alla larga, e scopro al tempo stesso il suo talento indiscutibile. 

Il talento sta facendo il giro del mondo, basti leggere questo articolo sulla The Paris Review. E la cosa che mi frenava dal leggerla (pur avendo visto il film di Faenza anni fa, tratto da I giorni dell'abbandono, forse direi anche proprio per aver visto quel film...) era un eccesso (o quel che mi pareva tale) di femminile intensità. 

Non sbagliavo sull'intensità. Eppure ora, finalmente diventata sua lettrice, ne colgo anche i confini della misura. Un'intensità femminile cesellata che non so perché mi ricorda la statua di Amore e Psiche di Canova.

Leggere ieri sera davanti a tante persone, e ascoltare gli altri lettori che si sono avvicendati prima e dopo di me, mi ha coinvolta molto: è stata una di quelle esperienze che fanno rimanere svegli, nel sonnecchioso e frettoloso marasma della vita. 

Nel faticoso, noioso chiacchiericcio dell'esistere, è proprio vero che è bello e sano quando, per un caso fortunato come è stato per me ieri, o per scelta, ci si ritaglia il proprio paradiso, per dirla con Calvino. 

Ieri era la Giornata mondiale del libro, corredata dagli eventi di #ioleggoperché. 

Tutti a chiedersi perché si legge. A me viene da rispondere in tremila modi, ma ne userò uno, qui, di femminile intensità per onorare la anonima universale Elena Ferrante. Leggo perché me lo dice il cuore. Mi spiego: quando leggo, il mio cuore si assesta in maniera sensibile. Lo sento muoversi, proprio come immagino accada alle mamme con il loro bambino nella pancia. Il mio cuore si tranquillizza, come se dicesse "grazie per avermi portato a casa". Quel cuore ha bisogno di libri e di parole da ascoltare che compongono mondi in cui sentirmi a casa. Ogni cuore del resto sa cosa vuole: chi gelati, chi gioielli, chi amici, chi musica, chi vino, chi aria, chi sole, chi neve. Chissà il vostro!

ph. di Francesco Deiana







Nessun commento: